La sentenza della Cassazione Civile, Sezioni Unite, 11 agosto 2025 n. 23093, segna un punto di svolta nella disciplina della rinuncia abdicativa alla proprietà immobiliare, affrontando sistematicamente i nodi interpretativi e applicativi che hanno caratterizzato dottrina, giurisprudenza di merito e prassi notarile negli ultimi anni.
Questo contributo integra i contenuti del precedente nostro intervento dell’articolo del 23/06/2025 “Guida alla rinuncia abdicativa della proprietà immobiliare”, analizzando criticamente il principio di diritto sancito dalla Suprema Corte. Si evidenziano le novità rispetto al panorama precedente, gli effetti pratici nei contesti di multiproprietà reale e contrattuale, i profili di responsabilità civile e le implicazioni fiscali, nonché le prospettive di riforma legislativa.
Inquadramento giuridico della rinuncia abdicativa alla proprietà
La rinuncia abdicativa alla proprietà immobiliare, intesa come atto unilaterale con cui il titolare si spoglia volontariamente del proprio diritto, ha acquisito rilevanza crescente soprattutto in relazione alla crisi del mercato immobiliare e, in particolare, delle multiproprietà.
L’assenza di una disciplina espressa e la frammentazione degli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali in materia di diritti reali immobiliari hanno generato incertezza applicativa, aggravata dalla diffusione di prassi notarili di formalizzazione della rinuncia anche in assenza di un quadro normativo chiaro.
La sentenza n. 23093/2025 delle Sezioni Unite colma tale lacuna, offrendo una ricostruzione sistematica dell’istituto e fissando principi di diritto destinati a orientare la prassi futura.
Iter processuale e principio di diritto delle Sezioni Unite
Origine del giudizio e questioni controverse
La pronuncia trae origine da due rinvii pregiudiziali ex art. 363-bis c.p.c. provenienti dai Tribunali di L’Aquila e Venezia, relativi alla validità di atti notarili di rinuncia alla proprietà immobiliare aventi ad oggetto fondi privi di valore economico e gravati da vincoli di pericolosità o dissesto.
Le amministrazioni statali contestavano la possibilità stessa di rinunciare alla proprietà di un immobile, sostenendo la nullità degli atti per illiceità della causa, frode alla legge e abuso del diritto, nonché la violazione della funzione sociale della proprietà ex art. 42 della Costituzione.
Principi di diritto affermati dalla Cassazione
Le Sezioni Unite hanno affermato che:
- Ammissibilità della rinuncia abdicativa: la rinuncia abdicativa alla proprietà è atto unilaterale, non recettizio, che costituisce modalità di esercizio della facoltà di disporre del bene ex art. 832 c.c., con effetto automatico di acquisto originario da parte dello Stato ai sensi dell’art. 827 c.c.
- Limiti al sindacato giudiziale: la rinuncia non è sindacabile sotto il profilo della “meritevolezza” della causa, salvo violazione di norme imperative, escludendo l’abuso del diritto o la frode alla legge in assenza di finalità elusive specifiche.
La Corte ha quindi escluso il sindacato giudiziale sulla “meritevolezza” della rinuncia abdicativa, salvo violazione di norme imperative, e ha negato potere di rifiuto dello Stato all’acquisto ex art. 827 c.c.. Peraltro, questo stesso aspetto era stato sostanzialmente già preannunciato dalla sentenza commentata nel nostro precedente intervento (Tribunale di Roma sentenza n. 7594/2025), laddove il giudice di merito ha esplicitamente confermato la validità degli atti di rinuncia salvo il dolo del rinunciante.
Evoluzione giurisprudenziale e dottrinale nei diritti reali immobiliari
La sentenza segna una netta discontinuità rispetto a orientamenti di merito e dottrina che ritenevano necessario un controllo giudiziale sulla causa e meritevolezza della rinuncia, soprattutto se finalizzata a trasferire sulla collettività oneri legati a beni “disutili” o pericolosi. In particolare, il Tribunale di Roma (sent. n. 7594/2025) aveva visto la rinuncia abdicativa come atto unilaterale non recettizio con effetti automatici di accrescimento quote degli altri comproprietari nella multiproprietà reale, lasciando aperte questioni sulla legittimità di rinunce “a catena” e sulle ricadute sulla gestione condominiale.
Le Sezioni Unite, richiamando giurisprudenza di legittimità (Cass. 28 maggio 1996, n. 4945; Cass. Sez. Un. 29 marzo 2011, n. 7098) e dottrina prevalente, hanno chiarito che la rinuncia abdicativa non è né abbandono liberatorio (artt. 550, 882, 1070, 1104 c.c.) né rinuncia traslativa, e che l’acquisto da parte dello Stato (o dei comproprietari) è effetto automatico non soggetto ad accettazione o valutazione.
Per quanto concerne le prassi notarili, la sentenza legittima la trascrizione di atti di rinuncia abdicativa, purché in forma scritta ad substantiam, chiarendone la funzione di pubblicità dichiarativa senza effetti costitutivi.
Implicazioni pratiche della rinuncia alla proprietà immobiliare
Effetti nella multiproprietà reale
La sentenza affronta con chiarezza le ricadute della rinuncia abdicativa nei contesti di multiproprietà reale. La rinuncia di un comproprietario determina l’accrescimento automatico delle quote degli altri, con effetti domino potenzialmente dirompenti sulla comunione. La Corte afferma che tale effetto è conforme al principio di elasticità della proprietà e non richiede consenso degli altri comproprietari, i quali possono rinunciare alle quote accresciute, innescando una “catena” di rinunce fino all’estinzione della comunione e acquisizione del bene da parte dello Stato o degli altri partecipanti alla comunione.
Sul piano della gestione condominiale, ciò comporta un aggravio degli oneri per i comproprietari superstiti, con rischio di morosità e degrado degli immobili. La sentenza esclude però che tali effetti giustifichino un sindacato giudiziale sulla validità della rinuncia, rimettendo eventuali correttivi al legislatore.
La Corte ribadisce la distinzione tra diritto reale e diritto di godimento turnario di natura obbligatoria. La rinuncia abdicativa non si applica alla multiproprietà contrattuale, regolata dalle norme sul recesso contrattuale e dalle discipline speciali (Codice del Turismo, Codice del Consumo). La disciplina europea e nazionale rafforza la tutela del consumatore, ma la sentenza precisa che la rinuncia abdicativa resta estranea a questi rapporti, non potendo incidere su diritti meramente obbligatori che hanno natura completamente diversa da quelli sorgenti dalla titolarità di un diritto reale.
Responsabilità civile e profili fiscali
La responsabilità civile per danni causati dall’immobile (es. rovina ex art. 2053 c.c., danni da custodia ex art. 2051 c.c.) permane in capo al rinunciante per fatti anteriori alla rinuncia, mentre lo Stato (o i comproprietari) subentra solo per obbligazioni sorte dopo l’acquisto ex art. 827 c.c. Questo principio, già affermato in giurisprudenza (Cass. 7 agosto 2013, n. 18855; Cass. Sez. Un. 16 febbraio 2016, n. 2951), è ribadito con nettezza, escludendo la possibilità di elusione di responsabilità pregresse tramite rinuncia.
Sul piano fiscale, l’acquisizione allo Stato ex art. 827 c.c. è a titolo originario e non traslativo, con esclusione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali ordinarie dei trasferimenti inter vivos, nonché delle nullità urbanistiche o catastali. Tuttavia, la Corte richiama la possibilità di contestazioni dell’Amministrazione finanziaria in presenza di frode o abuso. I tributi locali (IMU, TARI) cessano di essere dovuti dal momento della perdita della titolarità ma restano a carico del rinunciante per i periodi precedenti.
Commento critico e prospettive future
La sentenza si caratterizza per una ricostruzione rigorosa e sistematica dell’istituto, privilegiando la libertà di disposizione del proprietario e la certezza giuridica, anche a costo di accentuare criticità nel contesto delle multiproprietà e degli immobili “disutili”. L’interpretazione della funzione sociale della proprietà (art. 42 Cost.) è garantista, escludendo limiti giudiziali non espressamente previsti dalla legge, rimettendo al legislatore eventuali restrizioni o procedure di controllo sull’acquisizione allo Stato.
Questo approccio assicura coerenza e tutela dell’autonomia privata, ma rischia di lasciare irrisolti i problemi pratici derivanti dalla proliferazione di rinunce e dalla “socializzazione” dei costi di gestione e bonifica che potrebbero ricadere sulla collettività. La Corte riconosce la possibilità di un futuro intervento legislativo volto a modulare il regime dei beni vacanti, introducendo poteri di rifiuto dello Stato, valutazioni di convenienza o responsabilità sussidiarie per i rinuncianti.
Conclusioni operative – Come rinunciare alla proprietà di un immobile
Alla luce della sentenza n. 23093/2025 sono formulati i seguenti spunti operativi per i soggetti coinvolti:
- Notai: possono legittimamente redigere atti di rinuncia abdicativa alla proprietà immobiliare, purché in forma scritta ad substantiam con trascrizione contro il rinunciante. È necessario informare le parti sulle conseguenze giuridiche, fiscali e sulle responsabilità pregresse che permangono.
- Avvocati: la consulenza deve considerare l’assenza di limiti giudiziali alla rinuncia, salvo violazioni di norme imperative, e la possibilità di azioni revocatorie da parte di creditori. In contesti di multiproprietà, valutare con attenzione le ricadute sulla comunione e sugli altri comproprietari.
- Amministratori di condominio: in presenza di rinunce abdicative, è fondamentale monitorare l’evoluzione delle quote e degli oneri condominiali, informare i comproprietari e valutare la sostenibilità della gestione in caso di effetti domino.
- Dottori Commercialisti: la rinuncia abdicativa non costituisce trasferimento imponibile, ma occorre verificare la posizione tributaria del rinunciante per i periodi precedenti e valutare profili di elusione o abuso in situazioni sospette.
La sentenza chiarisce definitivamente come rinunciare alla proprietà di un immobile dal punto di vista giuridico, ma apre il dibattito su futuri interventi normativi volti a bilanciare autonomia privata e interesse collettivo.
Domande frequenti sulla rinuncia abdicativa alla proprietà
Cos’è la rinuncia abdicativa alla proprietà?
La rinuncia abdicativa alla proprietà è un atto unilaterale con cui il proprietario decide volontariamente di spogliarsi del proprio diritto, senza necessità di accettazione da parte di altri soggetti.
Come rinunciare alla proprietà di un immobile legalmente?
Per sapere come rinunciare alla proprietà di un immobile, occorre redigere un atto scritto (ad substantiam) davanti a un notaio, con successiva trascrizione nei registri immobiliari. L’effetto è l’acquisto ex lege da parte dello Stato o dei comproprietari.
La rinuncia abdicativa è possibile anche in presenza di debiti sull’immobile?
Sì, ma il proprietario resta responsabile per le obbligazioni sorte prima della rinuncia alla proprietà immobiliare. La rinuncia non estingue responsabilità pregresse, civili o tributarie.
Quali differenze tra rinuncia abdicativa e vendita dell’immobile?
La rinuncia è un atto gratuito e unilaterale, senza corrispettivo, mentre la cessione è un contratto tra parti con trasferimento del diritto verso un prezzo. La rinuncia non richiede accettazione e comporta l’acquisto automatico da parte dello Stato.
Quali imposte si applicano alla rinuncia abdicativa alla proprietà?
Essendo un’acquisizione a titolo originario da parte dello Stato, la rinuncia abdicativa alla proprietà immobiliare non comporta imposte di registro, ipotecarie o catastali. Tuttavia, possono esserci contestazioni in caso di frode o abuso.
La rinuncia è possibile anche in una multiproprietà
Sì, e determina l’accrescimento automatico della quota degli altri comproprietari. In caso di multiproprietà reale, può innescare rinunce a catena fino all’estinzione della comunione.
Adamo Cacchione, Senior partner CA Accounting (CA Group)



