Nuovi paradigmi della finanza sostenibile e avvio del regolamento UE «SFDR»

Dal 10 marzo diverrà applicabile il regolamento 2019/2088 «SFDR» relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari che impone obblighi di informativa ESG ai partecipanti ai mercati finanziari ed ai consulenti finanziari. Per l’approfondimento si rimanda ai successivi paragrafi.

A seguito delle recenti novità normative europee introdotte in tema di finanza sostenibile, l’acronimo ESG è divenuto sempre più popolare all’interno della comunità finanziaria.

Che cosa vuol dire ESG?

ESG è l’acronimo di “Environmental, Social and Governance”, ed indica i fattori:

  • (E) ambientali, sulla base dei quali si valuta l’impatto che le attività esercitate e sottostanti agli investimenti hanno sull’ambiente e sul territorio;
  • (S) sociali, che pongono l’attenzione sulle politiche di genere, sul rispetto dei diritti umani, sugli standard lavorativi e sindacali attuati all’interno delle attività;
  • (G) di governance, che riguardano il complesso delle pratiche di governo societarie, tra cui, per esempio, le competenze del consiglio di amministrazione, le politiche di retribuzione dei manager, le politiche di diversità nella composizione del CdA;

che devono essere tenuti in considerazione quando si vuole valutare la sostenibilità di un investimento finanziario.

Perché i fattori ESG sono importanti?

Le tematiche ambientali e sociali stanno acquisendo sempre più importanza al giorno d’oggi. I fattori ESG permettono agli investitori di ricevere un’informazione in più rispetto alla classica reportistica finanziaria: tramite essi, quindi, gli investitori, non solo potranno avere informazioni sul più classico valore finanziario prodotto da un’impresa ma potranno sapere se e quanto valore l’impresa è in grado di produrre a beneficio della società e dell’ambiente che la circonda.

Inoltre, a seguito di diverse ricerche condotte, si sta iniziando ad affermare, con sempre maggiore certezza, che le imprese che decidono di tenere in considerazione l’impatto che le attività esercitate possono avere sui fattori ESG migliorano sia le performance finanziarie che la gestione societaria. In tal senso il Ceo di Blackrock, uno dei più attivi fondi di investimento al mondo, nella sua lettera ai clienti segnala che “Da gennaio a novembre 2020, gli investitori in fondi comuni ed ETF hanno investito globalmente $288 miliardi in asset sostenibili, con un incremento del 96% rispetto a tutto il 2019. Siamo all’inizio di una transizione lunga ma in rapida accelerazione, che si dispiegherà per molti anni e trasformerà i prezzi delle attività finanziarie di ogni tipo. Adesso sappiamo che il rischio climatico è il rischio di investimento. Ma siamo anche convinti che la transizione climatica rappresenti un’opportunità di investimento storica”.

A conferma del grande interesse che stanno riscuotendo i temi ESG in ambito finanziario, si segnala che sia gli Stati Europei che le singole imprese si stanno muovendo nella direzione dei green bonds: titoli di debito che hanno lo scopo di finanziare progetti con ricadute positive in termini ambientali. Sul Sole24ore del 3 marzo è apparsa la notizia della prima emissione di BTp green del Tesoro italiano: le voci di spesa del triennio 2018 – 2021 che rispecchiano i criteri per il finanziamento tramite green bonds sono pari a circa 35 miliardi di euro.

Al fine di fornire un quadro generale sul tema ESG, sulle normative introdotte e sui principali effetti che la loro applicazione ha avuto, di seguito ripercorriamo alcuni passaggi fondamentali.

Uno dei momenti più importanti dell’ultimo decennio, in tema di sviluppo sostenibile, è stato la sottoscrizione dell’Accordo di Parigi del 2015, a seguito del quale l’ONU ha adottato un nuovo quadro mondiale per lo sviluppo sostenibile, chiamato “Agenda 2030”, in cui sono stati stabiliti 17 obiettivi di sviluppo sostenibile che gli stati si sono impegnati a perseguire e che sono qui di seguito rappresentati.

Tale Accordo, che è stato approvato dall’Unione Europea ed è entrato in vigore a partire da novembre 2016, è molto importante per la comunità europea che sta affrontando seriamente le conseguenze dei cambiamenti climatici e che, quindi, la vede in prima linea nella lotta alla riduzione di emissioni di CO2.

Successivamente a tale data, è divenuta applicabile, per i bilanci a partire dall’esercizio 2017, la direttiva UE 2014/95 in tema di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità (DNF). Mentre prima, questo tipo di disclosure, era resa su base volontaria, da questo momento in poi è divenuto obbligatorio, per le società quotate, le banche e le imprese di assicurazione di grandi dimensioni, fornire informazioni di carattere non finanziario di tipo ambientale, sociale, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione.

A seguito dell’introduzione dell’obbligo di disclosure di carattere non finanziario, sempre più società hanno, quindi, deciso di affidare la responsabilità delle tematiche ESG a comitati endoconsiliari – spesso all’interno del Comitato Controllo e Rischi, più raramente tramite la creazione di comitati ad hoc-, che ha portato ad una maggiore diffusione di Piani di sostenibilità formalizzati e strutturati.

Anche l’art. 1 del nuovo Codice di Corporate Governance per le società quotate sui mercati di Borsa Italiana cita: “L’organo di amministrazione guida la società perseguendone il successo sostenibile”. La sostenibilità, dunque, entra a far parte delle priorità strategiche delle imprese.

Parallelamente, nel corso degli ultimi anni, si sono diffusi veri e propri indici di borsa ESG sviluppati da agenzie di rating specializzate.

Il processo di rating è simile a quello sul merito creditizio: a seguito della sottoscrizione di un contratto, le agenzie di rating ESG si impegnano a valutare le informazioni condivise dalle imprese e ad elaborare un giudizio sulla sostenibilità dell’azienda in base ai criteri ESG. Tuttavia, a differenza dei rating di merito creditizio, i giudizi emessi dalle diverse agenzie di rating ESG su una stessa impresa possono differire in maniera significativa perché non sono ancora disponibili definizioni e metodologie di calcolo univoche per poter definire il grado di sostenibilità di un investimento o attività.

Dal 10 marzo 2021, infine, diverrà applicabile il Regolamento UE 2019/2088 «SFDR» (Sustainable Finance Disclosure Regulation). La ratio sottesa all’introduzione di questo nuovo regolamento è duplice:

  • da un lato, l’UE ha ritenuto necessaria la sua introduzione per indirizzare con ancora più vigore i flussi di capitale verso investimenti sostenibili al fine di accelerare il passaggio ad un’economia sostenibile;
  • dall’altro, era ormai sempre più evidente la necessità di dover armonizzare i criteri con cui poter definire un investimento sostenibile, al fine di rendere finalmente comparabili, agli occhi degli investitori, le informazioni in tema di sostenibilità rese disponibili dalle imprese e scoraggiare le pratiche di greenwashing.

Il regolamento «SFDR» si colloca all’interno di un più ampio disegno legislativo. Infatti, al suo interno è stato dato compito alle ESAs (European Supervisory Authorities) di stilare la proposta degli RTS (Regulatory Technical Standards) necessari al fine di poter adottare degli indici di riferimento standard per ognuno dei tre fattori ESG. In parallelo, il Parlamento Europeo ha anche emanato il regolamento UE 2020/852 «Taxonomy» che ha lo scopo di definire in maniera univoca quando un investimento è ecosostenibile. Il regolamento «Taxonomy», quindi, integra il regolamento «SFDR» e sarà applicabile dal 2022.

Il regolamento «SFDR» è destinato ai partecipanti ai mercati finanziari ed ai consulenti finanziari e prevede specifiche disclosures in tema di trasparenza per quanto riguarda:

  • l’integrazione dei rischi di sostenibilità nelle strategie aziendali;
  • la considerazione degli effetti negativi per la sostenibilità all’interno dei processi;
  • la comunicazione delle informazioni connesse alla sostenibilità relative ai prodotti finanziari.

Sebbene il regolamento «SFDR» sarà applicabile dal 10 marzo, non si avrà, però, l’applicazione degli RTS di riferimento fino al 1° gennaio 2022. La proposta di regolamento degli RTS è stata, infatti, inviata alla Commissione Europea ad inizio febbraio 2021 e, salvo ritardi causati dalla pandemia, se ne attende l’approvazione entro i prossimi due mesi.

Si ipotizza, quindi, che la disclosure che sarà fornita per quest’anno dai destinatari del regolamento «SFDR» sarà tendenzialmente di “alto livello” e generica. Allo stesso tempo, si prevede un impegno significativo da parte delle imprese nei prossimi mesi, nell’adeguare i propri processi e nella raccolta di informazioni, per poter giungere preparati all’appuntamento di gennaio 2022.


Ilenia De Grandis