CROWD-INVESTING IN ITALIA

IL WEBINAR SUL CROWD-INVESTING

Lo scorso 21 luglio, presso la School of Management del Politecnico di Milano, si è tenuto il webinar sul crowd-investing in cui sono stati presentati i risultati del settimo report sul settore realizzato dal gruppo di ricerca “Entrepreneurship, Finance & Innovation” (EFI) del medesimo istituto. 

Per “crowd-investing” s’intende una tipologia di crowd-funding che, a fronte di una raccolta fondi (prestiti o equity) da parte di un’impresa o di una persona fisica, prevede una remunerazione del capitale in favore dell’investitore. 

Il finanziamento viene effettuato a titolo di investimento, cui è associata una remunerazione, che può avvenire con la sottoscrizione di capitale di rischio (equity) o di un prestito (lending). Poiché si offre un investimento, è cruciale che la campagna venga realizzata secondo criteri regolamentati e definiti dalla normativa e dalle Autorità di vigilanza, che variano anche sensibilmente da nazione a nazione e verso cui si sta procedendo all’armonizzazione a livello europeo.

L’infrastruttura essenziale del settore e del mercato del crowd-investing è costituita da una piattaforma abilitante che attraverso il web è in grado, non solo di mettere in contatto impresa ed investitore, ma anche di finalizzare l’operazione di investimento e finanziamento. 

Dal punto di vista metodologico, le ricerche presentate da EFI si sono concentrate, dunque, sulle piattaforme online abilitanti nel crowd-investing, in particolare su:

  1. i portali per la raccolta di capitale online, ossia di capitale di rischio o equity e minibond), 
  2. i portali di social lending (prestiti, escludendo dai conteggi quelli ‘non crowd’), 
  3. i portali di real estate crowdfunding.

Il webinar organizzato da EFI è stato strutturato in tre panel che hanno visto gli interventi, rispettivamente, di esponenti di istituzioni centrali, quali la Commissione Europea, la Consob e la Banca d’Italia, del professor Giudici del gruppo EFI, e di imprenditori del settore ed esponenti di associazioni di categoria come AIEC and Assofintech.

Nello specifico, il primo e il terzo panel hanno riguardato temi legati alla regolamentazione del settore del crowd-funding, ed in particolare del crowd-investing, ovvero:

  • le motivazioni della proroga del regime transitorio di regolamentazione europea del settore del crowdfunding e alcune novità introdotte recentemente dalla Commissione Europea,
  • le criticità relative all’approvazione dei sub-regolamenti al regolamento UE,
  • il problema della suddivisione delle funzioni e responsabilità nell’ambito del crowd-funding tra Consob e Banca d’Italia. 

Mentre il secondo panel è stato volto alla presentazione dei risultati del settimo report sul crowd-funding (investing) in Italia. 

Le principali informazioni e considerazioni emerse dal webinar EFI sono di seguito sintetizzate.

MOTIVAZIONI DELLA PROROGA DEL REGIME TRANSITORIO E NOVITÀ DI RECENTE INTRODUZIONE

Di recente la Commissione Europea ha esteso il periodo di transizione di un ulteriore anno (fino al novembre 2023) per le piattaforme autorizzate prima del 10 novembre 2021. 

Il regime transitorio non si potrà in alcun modo estendere ulteriormente and le piattaforme che non saranno 

ancora autorizzate al 10 novembre 2023 saranno costrette ad interrompere le attività fino a quando non avranno ricevuto autorizzazione all’interno del Regolamento UE. Non basterà, dunque, solamente aver fatto richiesta di autorizzazione ad operare, ma servirà anche aver ottenuto effettivamente l’autorizzazione entro il termine pertinente.

Durante il regime transitorio, queste piattaforme potranno comunque richiedere ed ottenere l’autorizzazione per operare con il regime europeo ed usufruire del passaporto ad esso collegato. Una delle clausole contenute nel regolamento europeo del settore del crowdfunding consentiva alla Commissione Europea di prorogare il regime transitorio per ulteriori 12 mesi. A riguardo, la stessa Commissione ha chiesto parere all’ESMA che, in seguito a proprie consultazioni con autorità nazionali, ha fornito una sua favorevole opinione all’estensione del periodo di transizione della normativa, ma solamente per quelle società-piattaforme che avevano ricevuto autorizzazione ad operare prima del 10 novembre 2022 (senza che vengano imposte a queste ultime alcune condizionalità). 

Le motivazioni alla base della proroga del regime transitorio (presente nella regolamentazione europea) erano legate agli effetti dirompenti e disordinati che si sarebbero avuti con l’attuazione ufficiale del Regolamento Ue – facente capo alla Direttiva Ue 1503/2020 denominata “European Crowd-funding Service Providers – e con il conseguente recepimento (relativamente) “affrettato” dello stesso a livello nazionale. 

Infatti, l’84% dei mercati crowd-funding in Ue sono tuttora in ritardo con l’applicazione del regolamento e con la definizione dell’assetto istituzionale del settore del crowd-funding, specialmente per quanto concerne la distribuzione delle competenze e funzioni tra le varie autorità di vigilanza domestiche. Se non si fosse optato per la proroga, la maggior parte delle piattaforme avrebbero dovuto smettere di operare. A fronte di tale “inconveniente”, non vi era altra alternativa se non quella di estendere il periodo di regime transitorio. 

Tra le novità* più recenti introdotte tramite modifiche della normativa di riferimento, vi sono quella relativa ai KIIS (documenti di trasparenza) per i quali non sarà più richiesta l’autorizzazione da parte di autorità nazionali, in aggiunta a quella dei meccanismi di warning (di allerta) per gli investitori da adottare nelle varie tappe dei processi di investimento e finalizzate a sollecitare lo stesso investitore a comprendere e a prendere maggior consapevolezza del rischio.

LA QUESTIONE DEI SUB-REGOLAMENTI

Una delle tematiche centrali è stata certamente quella relativa alla questione dei sub-regolamenti. I sub-regolamenti (o regolamenti attuativi) contengono norme tecniche alle quali i portali e le rispettive società amministratrici devono attenersi e adattarsi nel momento in cui viene fatta richiesta di autorizzazione per poter operare nel settore.

Le associazioni di categoria italiane hanno di recente sollecitato le istituzioni Ue, in particolare la Commissione Europea, ad accelerare il processo di adozione ed approvazione europea dei sub-regolamenti, al fine di procedere al più presto con il rilascio delle autorizzazioni in favore degli operatori residenti in Italia e non solo. Tuttavia, le stesse associazioni lamentavano il fatto che la Commissione Europea, al momento, non ha neppure autorizzato gli iter procedurali per l’approvazione dei sub-regolamenti. Se a questi ritardi e divergenze nelle tempistiche di adeguamento delle normative nazionali si sommano casi come quello di Crowd-cube – società di crowd-funding autorizzata dalle rispettive autorità nazionali ad operare sulla base di mere bozze di sub-regolamenti che, come spesso accade, rimangono soggetti a emendamenti – si comprende quanto allo stato attuale sia elevato il rischio di avere operatori di alcuni Paesi membri che, al momento dell’adozione e recezione della normativa UE, avranno già ottenuto e accumulato dei vantaggi competitivi e dei punti di forza difficilmente raggiungibili per la gran parte degli altri operatori di piattaforme di crowd-funding.

L’ASSENZA DI SUDDIVISIONE DELLE COMPETENZE NEL CROWD-FUNDING TRA CONSOB E BANCA D’ITALIA

Come ribadito anche da altri operatori del settore e da esponenti delle diverse associazioni di categoria, a distanza di un anno vi sono diversi punti rilevanti che devono essere ancora ‘smarcati’, in particolare su come suddividere le competenze in materia di autorizzazione e vigilanza fra Banca d’Italia e Consob

In Italia, infatti, manca un’autorità competente, designata ufficialmente da Parlamento e Governo, per la ricezione e valutazione della richiesta di licenza (autorizzazione) funzionale a poter operare nel settore del crowd-funding. In assenza di questa nomina, non è possibile affatto operare.

Sono ben 8 i Paesi a livello Ue i cui parlamenti e governi non hanno ancora ufficialmente designato un’autorità competente, e l’Italia è uno di questi. In effetti, fintanto che non è possibile depositare un’application presso un’autorità competente, non è possibile iniziare alcun percorso istituzionale e di interazione con la stessa al fine di comprendere determinati profili normativi, alcuni dei quali, come osservato da esponenti di associazioni di categoria, rimangono tuttora per nulla chiari. Resta, dunque, assolutamente necessario distribuire al più presto le competenze tra Consob e Banca d’Italia.

In Italia scontiamo, dunque, una duplice penalizzazione: da un lato dovuta al ritardo nell’approvazione dei regolamenti attuativi (o sub-regolamenti) a livello UE, problematica comune a tutti i Paesi; dall’altro, legata alla mancata distribuzione ufficiale di competenze e responsabilità tra Consob e Banca d’Italia a livello nazionale.

LA CONDIZIONE DEL SETTORE DEL CROWDINVESTING IN ITALIA AL GIUGNO 2022. 

Il crowd-investing, così come il crowd-funding nel suo complesso, sono cresciuti esponenzialmente in pochi anni, determinando a livello mondiale la nascita di migliaia di piattaforme dedicate. Come spesso accade nei business emergenti, il tasso di mortalità è stato pure elevato: diversi portali hanno dovuto chiudere o per non avere raggiunto la scala minima necessaria, o per modelli di business sbagliati. 

Tra il 1° luglio 2021 e il 30 giugno 2022, tutti i diversi rami di crowd-investing hanno fatto registrare incrementi nella raccolta nel mercato italiano; in alcuni casi sotto la media del settore, come ad esempio nel caso dell’equity crowd-funding non immobiliare (+10,4%) ed immobiliare (+12,9%) , e nel caso del business lending crowd-funding (+10,2%); in altre circostanze ben sopra la media, come ad esempio nel caso dei minibond (+68,7%), del consumer  (+51,7%) e del real-estate (+56,7%) lending crowd-funding.

Nello specifico, nel periodo di riferimento, il settore ha generato una raccolta di risorse finanziarie pari a 430,60 milioni di euro, facendo segnare un +27% in media.

Come si evince dal grafico sottostante, se ci si concentra, tuttavia, sulla dinamica semestrale, è possibile notare che, per la prima volta negli ultimi anni, si registra un segno negativo nella raccolta in alcuni comparti. È il caso, in particolare, dell’equity crowd-funding, i cui flussi di raccolta di capitali hanno fatto segnare un          -39,1% rispetto al secondo semestre 2021 per i progetti non immobiliari e -0,5% per quelli immobiliari, al quale si aggiunge la performance negativa in tal senso dei portali di business lending (-12,4%).

I numeri del crowd-investing in Italia: il flusso dei finanziamenti erogati in ogni semestre (in € milioni)

Fonte: 7° report italiano sul crowd-investing

Se si osservano i dati, in particolare, dell’equity crowd-funding, come mostrato dal grafico successivo, su un totale di 1.055 collocamenti relativi a campagne per la raccolta di quote del capitale di rischio, 799 si sono chiusi positivamente, 209 si sono chiusi senza raggiungere il target minimo previsto (senza quindi alcuna raccolta a consuntivo) e 47 rimangono ancora in corso (molti dei quali avevano già raggiunto la soglia minima di successo). Le nuove campagne attivate a partire dal 1/7/2021 risultano essere 219.

Flusso temporale delle 1.055 campagne di equity crowd-funding in Italia, per data di conclusione

Fonte: 7° report italiano sul crowd-investing

Il primo semestre del 2022 però non è andato benissimo rispetto allo stesso periodo del 2021. La situazione di elevata incertezza sui mercati finanziari e “reali”, l’incremento dei costi dell’energia e delle materie prime, in aggiunta alle tendenze rialziste delle banche centrali sui tassi di interesse ufficiali rappresentano certamente quei fattori da annoverare tra quelli che hanno determinato la leggera riduzione del numero di campagne di equity crowd-funding chiuse con successo nel primo semestre 2022 relativamente allo stesso semestre del 2021 (88 vs 93, rispettivamente). Inoltre, il 2021 può avere beneficiato di un flusso addizionale di capitali a causa di operazioni che nel 2020 erano state rinviate per la pandemia Covid-19. 

Ad ogni modo, nonostante la congiuntura relativamente più sfavorevole rispetto allo scorso anno, il tasso di successo storico, misurato solo sulle campagne chiuse, è aumentato ulteriormente (79,3%) e, secondo le previsioni del gruppo EFI, andrà stabilizzandosi intorno al 90% come dato tendenziale.

Inoltre, per quanto concerne il numero di campagne del solo equity crowd-funding chiuse con successo, il grafico 3) di cui sotto mostra come, nel 2021, la crescita progressiva della raccolta effettiva sul mercato (capitale effettivamente versato), avesse raggiunto un nuovo record di € 148,26 milioni (di cui € 65,35 milioni nel primo semestre e € 82,92 milioni nel secondo). Per la prima volta negli ultimi anni, in analogia con il dato sul numero di campagne chiuse, nel primo semestre 2022 si vede un segno negativo per la raccolta, pari a € 58,99 milioni (-9,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso).

Flusso di raccolta annuale delle 799 campagne di equity crowd-funding chiuse con successo, l’anno di riferimento è quello di chiusura della campagna (dati in € milioni)

Fonte: 7° report italiano sul crowd-investing

Per quanto riguarda, inoltre, le caratteristiche degli emittenti verso il mercato del crowd-investing (specie dell’equity), tra le 950 emittenti campionate nel report, troviamo: 

  • 605 startup innovative (pari al 65% del campione), di cui 578 Srl, 10 società agricole, 15 SpA e 2 società estere che hanno iscritto la loro branch italiana all’albo apposito; 
  • 115 PMI innovative (pari al 12% del campione), di cui 104 Srl e 11 SpA; 
  • 143 PMI (pari al 15% del campione), tutte Srl tranne 6 SpA; 
  • 67 veicoli di investimento in startup innovative, PMI innovative o altre PMI (7%); si tratta di società che investono in portafogli di partecipazioni oppure veicoli costituiti ad hoc al servizio di un unico investimento.

In particolare, seppure continuino a perdere terreno, negli ultimi mesi le startup innovative hanno continuato a dominare il mercato (in 133 hanno iniziato almeno una campagna a partire dal 1/7/2021, pari al 56% del totale), seguite dalle PMI innovative, 16% (in lieve aumento), dalle PMI 16% (stabile) e 29 veicoli di investimento, 12%. In aggiunta, osservando i dati per settore produttivo riferiti agli ultimi 12 mesi, risulta che i comparti maggiormente attivi nell’ambito dell’equity crowdfunding sono quelli dei servizi di informazione e comunicazione (codice ATECO J), delle attività professionali e scientifiche (codice ATECO M), del manifatturiero (codice ATECO C), delle attività finanziarie (codice ATECO K).

COSA AVVIENE DOPO LA PRIMA CAMPAGNA DI RACCOLTA? DIPENDE DALL’ESITO

Ulteriori dati interessanti sembrano riguardare l’attitudine delle imprese-emittenti nei confronti del settore dell’equity crowd-funding in seguito ai diversi esiti, positivi o negativi, della prima campagna svolta. Tra le 686 aziende la cui prima campagna di raccolta ha avuto successo, soddisfacendo, quindi, la domanda di capitale di rischio delle stesse, ben 82 sono riuscite a raccogliere in altre campagne di equity crowd-funding (quasi sempre con multipli di valutazione maggiori), 5 avevano una nuova campagna in corso alla stessa data (in 3 casi era la seconda campagna, in 2 casi era la terza), 23 (il 3,3%) sono state messe in liquidazione o sono fallite. Tra le rimanenti, in alcuni casi è stato registrato l’exit (alcune attraverso la quotazione, altre, nel caso dei progetti immobiliari, mediante rimborso del capitale e della plusvalenza agli investitori, altre ancora dopo l’acquisizione da parte di un investitore esterno, non sempre con una plusvalenza), in altri un aumento di capitale a pagamento successivo, fuori dall’orbita del crowd-funding.

EQUITY CROWD-FUNDING E SETTORI ESG

Per quanto, invece, concerne il numero di campagne di equity crowd-funding fatte registrare nei settori “eco-sostenibili” (o ESG), il grafico sottostante mostra come, a partire dal 2019, vi sia stato un vero e proprio boom, con 21 campagne che costituirono, allora, circa il doppio rispetto all’anno precedente (10). 

Il flusso annuale delle campagne di equity crowd-funding ‘sostenibili’

Fonte: 7° report italiano sul crowd-investing

La forte tendenza rialzista è stata poi confermata negli anni immediatamente successivi, con un totale di 27 

progetti proposti nel 2020 e ben 34 nel 2021 (l’attuale record di progetti in un singolo anno). Il primo 

semestre del 2022 segna la presenza di 20 campagne (di cui 4 in fase di raccolta a fine giugno), più alto se paragonato allo stesso semestre dell’anno precedente che segnava un valore di 17 progetti. Di conseguenza, a differenza del flusso di raccolta di capitali tramite equity crowd-funding nei settori non-ESG (non o poco eco-sostenibili), la raccolta relativa a piani di investimenti privati nei settori ESG ha fatto registrare risultati positivi sia su base tendenziale (rispetto a 12 mesi prima), che su base semestrale (rispetto al secondo semestre del 2021). 

Tra i settori e le attività produttive “eco-sostenibili” che hanno maggiormente rintracciato le campagne di equity crowd-funding, troviamo, in ordine decrescente, i) il settore delle energie rinnovabili, ii) il settore dell’agricoltura eco-sostenibile e, a pari merito, quello dello smaltimento di rifiuti (che comprendono sia tecnologie innovative ad impatto zero che facilities fisiche e/o digitali di supporto all’attività). In terza posizione, troviamo un altro pari merito tra progetti d’investimento nella mobilità sostenibile e i veicoli d’investimento in progetti per la produzione di energia rinnovabile. 

Il gruppo di ricerca del Politecnico di Milano ritiene, inoltre, che il flusso di progetti destinati a creare un impatto positivo su temi ESG si manterrà significativo sulle piattaforme di equity crowd-funding, alla luce delle nuove disposizioni normative, a partire dal Regolamento UE sulla Tassonomia, che indurrà imprese ed investitori istituzionali a procacciare strumenti e opportunità di business che sono in sintonia con gli obiettivi di eco-sostenibilità.

CONCLUSIONI E PROSPETTIVE

Il webinar sul crowd-investing in Italia, organizzato lo scorso 21 luglio dal gruppo di ricerca EFI del Politecnico di Milano, ha coinvolto diversi stakeholders istituzionali pubblici e privati le cui discussioni hanno riguardato questioni legate alla regolamentazione del settore del crowd-funding, in generale, e del crowd-investing, in particolare, in aggiunta all’analisi dei risultati del settimo report sul crowd-investing in Italia redatto dallo stesso gruppo di ricerca.

Per quanto concerne il tema della regolamentazione, sia a livello Ue che tra Paesi membri si scontano diversi problemi e divergenze che potrebbero inclinare il tavolo da gioco a favore di alcuni pochi operatori a livello europeo e a sfavore di tutti gli altri. 

Tali criticità sono legate a ritardi e rinvii negli iter burocratici europei in merito all’approvazione e attuazione dei sub-regolamenti al regolamento Ue pertinente, ovvero all’attuazione a livello comunitario della Direttiva 1503/2020 della Commissione Europea, denominata “European Crowd-funding Service Providers”, nonché a ritardi e rinvii nelle procedure istituzionali e legislative italiane in merito alla distribuzione ufficiale delle funzioni e competenze nel settore tra Consob e Banca d’Italia, che rendono l’Italia uno degli otto Paesi a livello Ue sprovvisti di autorità competenti che possano ricevere e rilasciare autorizzazioni ad operare e che possano vigilare sulle società operanti. 

In prospettiva, tali ritardi e rinvii istituzionali, e le divergenze tra Paesi membri circa la distribuzione di competenze e funzioni tra autorità centrali domestiche potrebbero accentuare le tendenze oggettive dei capitali a concentrarsi e a centralizzarsi in poche mani, generando, così, dei vantaggi competitivi, per così dire, institutional-driven a favore di alcuni pochi operatori di crowd-investing e degli svantaggi competitivi a discapito di tutti gli altri. Il rischio è che, una volta ai blocchi di partenza, ossia nel momento in cui la direttiva Ue e i rispettivi sub-regolamenti saranno approvati e attuati, nonché recepiti a livello nazionale al novembre 2023, il principio del “level playing field” sarà stato già disatteso e viziato. 

In merito, invece, alla situazione del settore del crowd-investing in Italia, il settimo report del gruppo EFI mostra come tale mercato abbia registrato una crescita esponenziale negli ultimi quattro anni, con una raccolta di flussi di capitali record al giugno 2022 pari a 430,60 milioni di euro, facendo segnare un +27% in media rispetto allo stesso periodo del 2021. 

In particolare, alcuni sotto-settori del crowd-investing, come l’equity crowdfunding non immobiliare ed immobiliare, e il business lending crowdfunding, hanno registrato performance di raccolta su base tendenziale al di sotto della media; in altri casi, come ad esempio nel caso dei minibond, del consumer e del real-estate lending crowdfunding, le performance di raccolta sono state al di sopra della media settoriale.

Tuttavia, guardando ai dati sulla raccolta di flussi finanziari su base congiunturale, la performance del settore è stata per la prima volta in flessione rispetto al secondo semestre dell’anno precedente, specialmente nel caso del sotto-settore dell’equity crowdfunding non immobiliare (-39,1%) ed immobiliare (-0,5%), e dei portali di business lending (-12,4%). 

Complici la situazione di elevata incertezza sui mercati finanziari e “reali”, l’incremento dei costi dell’energia e delle materie prime e le tendenze rialziste delle banche centrali sui tassi di interesse ufficiali, il comparto dell’equity crowd-funding ha fatto registrare una flessione, rispetto al primo semestre del 2021, nel flusso di raccolta di capitali (-9,7%), in aggiunta alla conseguente flessione nel numero di campagne chiuse con successo nello stesso periodo di riferimento (88 vs 93, rispettivamente).  

Inoltre, tra le regolarità più rilevanti che si possono dedurre dai risultati della ricerca, vi è quella relativa all’attitudine delle varie imprese-emittenti in seguito all’esito della prima campagna di raccolta. Qualora quest’ultima si chiude con successo, si riscontra una continuità delle imprese-debitrici nell’approcciarsi al mercato del crowd-investing, rispetto ai casi di imprese che affrontano prime campagne alle quali non fa seguito la chiusura.

Il 65%, circa, del campione di imprese-emittenti sul mercato del crowd-investing nazionale è costitutio da start-up innovative le quali, nonostante rimangano ancora le emittenti settoriali dominanti, continuano a perdere terreno, rispetto alle PMI innovative che fanno registrare un lieve aumento raggiungendo una quota di presenza pari al 16%, seguite dalle PMI e dai veicoli di investimento che rappresentano entrambi, circa, il 12% del totale. In aggiunta, le imprese-emittenti del campione si concentrano prevalentemente in settori produttivi quali quello dei servizi di informazione e comunicazione, delle attività professionali e scientifiche, del manifatturiero e delle attività finanziarie.

Infine, altro dato interessante riguarda certamente i dati sui flussi di raccolta del mercato dell’equity crowd-investing per progetti d’investimento privati “eco-sostenibili” (o ESG) i quali, a differenza delle dinamiche relative ai progetti non “eco-sostenibili”, hanno fatto registrare un incremento nel numero di campagne nel corso del primo semestre dell’anno rispetto allo stesso semestre del 2021 (20 vs 17, rispettivamente). Tra i comparti produttivi ESG maggiormente in attività nella raccolta di equity crowd-funding troviamo quelli relativi al settore della produzione di energia rinnovabile e, a seguire, dello smaltimento di rifiuti e dell’agricoltura sostenibile, per finire con quello della mobilità sostenibile e, a parti merito, con i veicoli d’investimento operanti in progetti per la produzione di energia rinnovabile. 

In prospettiva, secondo le previsioni del gruppo EFI, il tasso di successo storico dei finanziamenti attivati tramite il settore del crowd-investing, attualmente a quasi l’80%, tenderà a stabilizzarsi intorno al 90%. La raccolta di finanziamenti di debito (lending) e soprattutto di capitale di rischio (equity) tramite questo canale di finanza innovativa dovrebbe continuare ad aumentare alla luce delle nuove disposizioni normative, a partire dal Regolamento UE sulla Tassonomia, che indurrà imprese ed investitori istituzionali a procacciare strumenti e opportunità di profitto che sono in sintonia con gli obiettivi di eco-sostenibilità.

Domenico Viola (Junior Consultant CA Advisory)