Liquidazione giudiziale

Una delle modifiche senza dubbio più rilevanti dell’introduzione del CCII – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza è data dalla sostituzione della tradizionale procedura fallimentare con la liquidazione giudiziale. Si tratta di una idea che si riconduce alla volontà di evitare lo stigma – economico e sociale – legato alla qualità di fallito e che sottende, al di là della diversa qualificazione, una nuova filosofia di fondo che assegna alla liquidazione giudiziale il ruolo di extrema ratio rispetto a tutti gli altri strumenti di soluzione della crisi (che vantano infatti una trattazione prioritaria rispetto alla domanda di apertura della procedura concorsuale maggiore), così come l’idea che la liquidazione rappresenti un fenomeno non irreparabile, ma in qualche misura connaturato alle crisi sistemiche degli ultimi anni, auspicabilmente superabile attraverso una successiva esdebitazione e la concessione di una c.d. second chance attraverso la quale rientrare nel sistema produttivo e nel mercato con effetti che il legislatore ha ritenuto complessivamente più favorevoli rispetto alla emarginazione forzosa dei debitori.

Tale sostituzione, peraltro, pur certamente in linea con i criteri fondamentali della Direttiva UE n. 1083/2019, era già prevista nell’impianto originale della legge delega n. 155/2017.

Ferma tale diversa filosofia di fondo, è del pari innegabile che la liquidazione giudiziale è sostanzialmente modellata sulla disciplina del fallimento, di cui riprende (dagli art. 121 e ss c.c.i.) in buona sostanza moltissime norme già contenute nella “vecchia” legge fallimentare, tanto è vero che l’art. 2 della L. n. 155/2017 prevedeva che occorresse “sostituire il termine «fallimento» e i suoi derivati con l’espressione «liquidazione giudiziale», adeguando dal punto di vista lessicale anche le relative disposizioni penali, ferma restando la continuità delle fattispecie criminose”.

La liquidazione giudiziale resta pertanto, una procedura finalizzata a liquidare il patrimonio dell’imprenditore insolvente, ripartendo il ricavato in favore dei creditori sulla base della graduazione dei loro crediti.