Il monitoraggio nel Piano concordatario con continuità aziendale

  1. Premessa: il monitoraggio nella fase ante e post omologa
  2. Obblighi del commissario in fase di esecuzione
  3. Il supporto al Commissario per il monitoraggio post omologa

1. Premessa

Il concordato con continuità aziendale è caratterizzato dalla presenza di due presupposti:

  • uno oggettivo, ossia la possibilità per l’interessato di proseguire l’attività economica ad origine intrapresa;
  • uno soggettivo, cioè la volontà del debitore di riportare in bonis l’impresa con la soluzione di continuità aziendale.

Inoltre, il concordato con continuità aziendale può anche prevedere la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa.

L’articolo 186 bis della Legge Fallimentare dispone che qualora il piano di concordato di cui all’art. 161 co 2 lett. e) prevedesse la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio, ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio di una o più società anche di nuova costituzione, a questo debbano essere applicate le disposizioni della norma in esame.

Il concordato in continuità ha, pertanto, la funzione di ristrutturazione della società, determinando, in conseguenza di ciò, un vantaggio economico, non solo al singolo debitore, ma all’intero sistema imprenditoriale.

Nel concordato in continuità aziendale ex articolo 186 bis L.F., il compito del Commissario Giudiziale è particolarmente oneroso: infatti, la prosecuzione dell’attività può comportare un pregiudizio per i creditori, nel caso in cui il debitore, con la gestione corrente e post omologazione, non sia in grado di far fronte alle nuove obbligazioni assunte.

Pertanto, è necessario che gli organi della procedura e, in particolare, il Commissario Giudiziale attivino strumenti che consentano di monitorare l’andamento dell’azienda al fine di intercettare tempestivamente, già nella fase che precede il voto e l’omologa, situazioni gravemente sintomatiche del futuro insuccesso della procedura.

La normativa ha per il monitoraggio dell’azienda in concordato previsioni e finalità diverse a seconda della fase della procedura.

Stabilito che l’art. 167, comma 1 L.F. impone al Commissario il dovere di vigilanza sull’amministrazione dei beni e sull’esercizio dell’impresa è normativamente previsto che:

  • nel corso della procedura, sino all’omologazione del concordato, il Commissario risponda a quanto previsto dagli artt. 172, comma 1, 186-bis u.c. e 179 comma 2 L.F.
  • nella fase successiva dell’esecuzione, sino all’adempimento della proposta, l’art. 185 L.F. regolamenta di fatto l’attività di monitoraggio.

Pertanto, nel concordato preventivo ammesso ma non ancora omologato, il Commissario è tenuto ad effettuare un’attività di monitoraggio continuo finalizzato cogliere tempestivamente sintomi che manifestino una potenziale dannosità per i creditori derivante dalla prosecuzione dell’attività di impresa nel corso della procedura, affinché il tribunale possa valutare la revoca dell’ammissione di quest’ultima. La revoca dell’ammissione è giustificata da una dannosità non rimediabile e tale da far venire meno, sin da subito e definitivamente, la prospettiva di miglior soddisfacimento dei creditori.

Invece, l’obiettivo del monitoraggio da parte del Commissario nella fase di esecuzione del concordato, è molto più specifico ed ha per oggetto la capacità di adempimento della proposta concordataria omologata.

2. Obblighi del commissario nella fase di esecuzione

Avvenuta l’omologazione del concordato, il Commissario Giudiziale deve, ai sensi dell’articolo 185 L.F., sorvegliarne l’adempimento, secondo le modalità stabilite nel Decreto di omologazione.

Il Commissario deve, in particolare, riferire al Giudice Delegato ogni fatto dal quale possa derivare pregiudizio per i creditori.

In generale, è il Tribunale che dovrebbe stabilire le linee guida dell’attività di vigilanza del Commissario: trattasi, in genere, di un controllo periodico dell’andamento economico e finanziario dell’attività.

Qualora il Tribunale non disponga in tal senso o lo faccia solo in modo molto limitato, è comunque, opportuno che il Commissario Giudiziale stabilisca precise tempistiche nella sua attività di controllo e concordi altresì con il debitore i contenuti dei report periodici che lo stesso dovrà elaborare.

Nel concordato in continuità, le risorse per pagare i creditori derivano dai flussi di cassa generati grazie alla continuazione dell’attività d’impresa in un certo arco temporale; pertanto, il controllo del Commissario Giudiziale deve interessare l’intero arco temporale in modo continuativo, per capire se l’andamento dell’attività sarà in grado di produrre i flussi finanziari necessari per far fronte alle scadenze del piano concordato.

3. Attività di supporto al commissario per il monitoraggio post omologa

L’esecuzione del concordato in continuità è sicuramente la fase più delicata del processo di ristrutturazione del debito, e implica la necessità di implementare dei meccanismi di monitoraggio dell’evoluzione del piano al fine di ridurre il rischio di mancata attuazione.

Questo processo può essere delegato a soggetti terzi, ad esempio gli stessi Advisors finanziari come CA Restructuring oppure un Chief Restructuring Officer (CRO), anche se la responsabilità rimane in capo all’organo amministrativo.

Per supportare il Commissario nel monitoraggio dell’esecuzione del Piano concordatario in continuità aziendale è necessario che il debitore predisponga periodicamente dei prospetti informativi, diretti al Commissario Giudiziale, aventi ad oggetto, a titolo esemplificativo:

  • le uscite finanziarie del periodo, con importi e beneficiari;
  • le entrate finanziarie del periodo, con indicazione dei clienti e degli importi;
  • la segnalazione di eventuali ritardi nell’incasso di una commessa o di un ordine di acquisto;
  • gli eventuali mancati pagamenti di debiti della gestione corrente per mancanza di liquidità e prospettive di recupero;
  • nel caso di attività su commessa, predisposizione di budget economici e finanziari periodici, con onere di aggiornarli con eventuali variazioni e ritardi;
  • eventuali operazioni e transazioni di significativo valore economico;
  • nel caso in cui ci siano crediti commerciali importanti, prospettive e tempistiche per il recupero;
  • nel caso di giacenze di magazzino significative, valorizzazione periodica delle stesse e prospettive di realizzo;
  • avvio di eventuali contenziosi;
  • notifiche di eventuali avvisi di accertamento sopravvenuti rispetto ai debiti tributari già quantificati nel piano o relativi agli esercizi post omologazione.

Perché un efficace controllo sia possibile si devono specificare i parametri di riferimento per il risanamento configurando un sistema di rappresentazione di “Delta-KPI” (ossia della variazione di Key Performance Indicators), che deve comprendere sia riferimenti quantitativi di natura economica, finanziaria e patrimoniale come ricavi,Ebitda (oppure MOL), il capitale circolante netto (CCN), il patrimonio netto (PN), la posizione finanziaria netta (PFN) ecc., sia parametri di natura qualitativa, da confrontare con gli aspetti industriali e organizzativi previsti nel piano (modifiche alla strategia commerciale, variazioni nell’assetto organizzativo ecc.).

A questo scopo si rivela particolarmente utile l’adozione di un cruscotto aziendale nel quale annotare il trend delle performance e degli eventuali scostamenti rispetto a quanto previsto inizialmente. È altresì auspicabile che il piano definisca in maniera puntuale le ipotesi alla base delle previsioni, che descriva le analisi di sensitività effettuate su di esse e che a ciascuna ipotesi sia associato un responsabile organizzativo incaricato appunto del monitoraggio. È chiarito infine che è senz’altro necessario provvedere alla modifica del piano nel caso in cui gli scostamenti rilevati siano significativi e incidano sulla realizzabilità dello stesso, impattando sui tempi e sulle modalità di risanamento previsti, oppure qualora lo scostamento non sia assorbito da risparmi e/o correttivi e meccanismi di aggiustamento.

Accanto a tali informazioni, il debitore deve altresì fornire situazioni contabili periodiche e relazionare al Commissario in merito al progressivo accantonamento delle somme necessarie per rispettare le tempistiche della proposta concordataria.

Al Commissario Giudiziale può essere poi richiesto di redigere con periodicità, ad esempio semestrale, delle relazioni destinate ai creditori, per fornire loro ogni più utile informazione in merito allo stato ed alle prospettive di esecuzione della proposta.

L’attività di sorveglianza del Commissario Giudiziale termina nel momento in cui la proposta è integralmente adempiuta, ovvero quando i creditori siano stati comunque soddisfatti rispetto alle obbligazioni concordatarie del debitore.

In ogni caso, si ricorda che né il Commissario Giudiziale né il Giudice Delegato possono chiedere la risoluzione del concordato.

L’articolo 186 L.F. attribuisce infatti esclusivamente ai creditori la legittimazione a richiedere la risoluzione della procedura, che comunque non potrà essere risolta se l’inadempimento contestato ha scarsa importanza.


Francesco Carnevali